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La teoria Gender
esiste?
RIFLESSIONI DEL DIRETTIVO "COMITATO PROGETTO UOMO"
Se la
teoria del Gender non esistesse, allora bisognerebbe rinchiudere in manicomio
milioni di italiani. Dovremmo rinchiudere:
· due interi consigli regionali, quello della Basilicata (maggioranza di centro-sinistra) e quello del Veneto (maggioranza di centro-destra), che hanno espressamente messo per iscritto ''di non introdurre la teoria gender nelle scuole'';
· tutta la Camera dei Deputati in quanto ha approvato e indicato per iscritto nell'ordine del giorno n. 9/2994-B/5 di escludere ogni interpretazione che apra alle cosiddette teorie del gender;
· tutti i partecipanti alla manifestazione ''Difendiamo i nostri figli'' del 20 Giugno 2015 a Piazza San Giovanni a Roma (secondo gli organizzatori, erano presenti circa un milione di manifestanti) che hanno manifestato contro la teoria del gender nelle scuole;
· miriadi di associazioni che si stanno impegnando nel diffondere una informazione corretta sui pericoli dell'ideologia gender;
· addirittura dovremmo rinchiudere il tanto amato Papa Francesco che ha parlato più volte di teoria del gender, ad esempio all'Udienza Generale tenuta in Piazza San Pietro il 15 aprile 2015, il Santo Padre si è chiesto pubblicamente quanto segue: ''Io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione''.
Dunque la teoria del gender esiste? Sì
Ma allora esistono corsi scolastici di teoria gender? Qui la risposta potrebbe arrivare direttamente da insegnanti, genitori e alunni che negli ultimi due anni scolastici sono stati testimoni e protagonisti di corsi scolastici a base di ideologia gender.
Pensiamo ad esempio alla serie di 25 incontri dello scorso Giugno sotto il titolo ''Omofobia: non a casa mia!'', tra i quali: un laboratorio sull'identità di genere svolto nel centro per minori ''Mimmo Bianco'' a Bari.
O pensiamo a quanto svoltosi nella Biblioteca dei Ragazzi nel parco 2 Giugno a Bari: il laboratorio ''Di che genere sei? Educarsi alle differenze per prevenire il bullismo omostransfobico''; il progetto ''Generare culture non violente'', con il quale l'autrice Manuela Salvi conduce una lettura animata e laboratorio dal libro ''Nei panni di Zaff'' (Fatatrac Ed.), storia di un bambino transgender che vuole essere una principessa e corona il suo desiderio, presentando come normale l'identificazione nel genere opposto al sesso biologico.
O pensiamo a tutti quei progetti scolastici sparsi in tutta Italia dalla scuola elementare alle superiori fino all'università, in cui si impone la cultura gender in incontri scolastici senza neanche contraddittorio.
Per un elenco più aggiornato potete fare riferimento qui: http://www.notizieprovita.it/wp-content/uploads/2015/06/Speciale_Dossier_Progetti_Gender_Scuola_ProVita.pdf
Infine esiste o no un riferimento al ''gender'' nella legge sulla cosiddetta ''Buona Scuola''? Qui siamo costretti a utilizzare diversi riferimenti normativi.
Il pericolo gender, in realtà, si annida nel sedicesimo comma dell'art. 1 della legge, che testualmente recita così: ''Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5 (..) della legge 15 ottobre 2013, n.119 (..)''.
L'insidia sta in due punti di questa disposizione normativa: il termine ''violenza di genere'' e il richiamo all'art. 5 della Legge 119/2013, la cosiddetta ''Legge sul femminicidio''. Vediamo attentamente come stanno le cose.
Violenza di genere: l'esperienza ha ampiamente dimostrato che è proprio attraverso questa espressione che vengono surrettiziamente introdotti nelle scuole i corsi sulla teoria gender. La ''violenza di genere'' è diventata come un cavallo di Troia. Questo è dimostrato dall'ordine del giorno n. 9/2994-B/5 approvato dalla Camera dei Deputati lo scorso 8 luglio. Con quel documento parlamentare, infatti, la Camera dei Deputati, dopo aver preso atto, nella premessa, del fatto che proprio il concetto di ''violenza di genere'' del citato comma 16, ''ha comportato una serie di storture applicative, che sono andate ben al di là dell'istanza, da tutti condivisa, di prevenire la violenza di genere e le discriminazioni'', ha impegnato il Governo ''in sede di applicazione del comma 16 del provvedimento in esame, ad escludere ogni interpretazione che apra alle cosiddette ''teorie del gender''''. Per gli increduli ed i negazionisti facciamo presente che il citato ordine del giorno si trova pubblicato a pagina 87 dell'allegato ''A'' ai resoconti stenografici della Camera dei Deputati relativi alla seduta dell'8 luglio 2015.
La Legge sul Femminicidio: la seconda insidia sta nel richiamo espresso all'art.5 della cosiddetta ''Legge sul femminicidio'', articolo che porta il titolo di ''Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere''. In pratica la legge sulla ''Buona Scuola'' dice che il piano triennale dell'offerta formativa deve ''informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate nel Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere''. Ma cosa prevede quel Piano d'azione espressamente richiamato nel sedicesimo comma dell'art.1? Al punto 5.2 (Educazione), il Piano recita testualmente così: ''(…) Obiettivo prioritario deve essere quello di educare alla parità e al rispetto delle differenze, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell'essere donne e uomini, ragazzi e ragazze, bambine e bambini nel rispetto dell'identità di genere, culturale, religiosa, dell'orientamento sessuale (…) sia attraverso la formazione del personale della scuola e dei docenti, sia mediante l'inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa e didattica''.
Il Direttivo